Il giorno che morì Nonno Coniglio gli abitanti del bosco si svegliarono sotto una pioggia torrenziale, come se anche il cielo non riuscisse a trattenere le lacrime.
Nonno Coniglio era infatti uno degli abitanti più anziani del bosco ed al tempo stesso era amato e rispettato da tutti. La notizia improvvisa della sua morte aveva rattristato tutti gli animali, che ora, ad uno ad uno, si avvicinavano alla sua tana per abbracciare la sua famiglia.
Ma c’era un animaletto in particolare per il quale la morte di Nonno Coniglio sarebbe stata come una montagna insormontabile da scalare: era il suo nipotino Conigliettore.
Conigliettore aveva passato molto tempo con Nonno Coniglio: faceva ogni giorno i compiti con lui e spesso lo aiutava a coltivare le carote nell’orto. Il nonno poi lo portava agli allenamenti di corsa campestre e talvolta, la sera, passava da casa sua per raccontargli le storie di quando nel bosco non c’era ancora la strada asfaltata dove adesso passano i trattori.
Per questo, quando il babbo disse a Conigliettore che il nonno non c’era più perché era volato via, il piccolo stentò a capire e si sentì come paralizzato.
“Papà, in che senso è volato via? E dove è andato? Perché non torna?”, chiese Conigliettore confuso.
“Beh, ecco…”, rispose il babbo imbarazzato. Ma siccome i suoi occhi erano gonfi di lacrime, Conigliettore lo incalzò.
“Babbo, cosa succede? Portami dal nonno, portami subito dal nonno!”.
“Conigliettore, non possiamo andare dal nonno… Il nonno è volato in cielo…”, proseguì il babbo.
“Babbo, il nonno è morto?”, ribatté Conigliettore.
Il babbo non riuscì nemmeno a rispondergli.
In un istante, Conigliettore fu assalito da un turbinio di emozioni contrastanti. Da un lato cominciò a pensare a tutte le cose che faceva con il nonno ed a quanto lo facessero stare bene. Ma dall’altro, sapeva che morire era molto brutto: da quanto ne sapeva lui della morte, era una cosa tanto malvagia che il nonno non sarebbe mai più potuto stare lì con lui. Non avrebbero mai più fatto niente insieme, niente di niente. A quel pensiero, il suo cuore si coprì di una polverina nera che gli impediva di pensare o di fare qualsiasi cosa.
Conigliettore rimase così immobile sul letto, incapace di muoversi, come fosse impietrito.
Il babbo provò a risvegliarlo da quel torpore ma non c’era verso: anzi, lo strato di polvere nera stringeva il suo cuoricino sempre più forte.
E così, babbo e mamma coniglio decisero di chiamare i dottori.
Quel giorno era in servizio Dottoressa Volpe che in quattro e quattr’otto arrivò con la sua valigetta ed il suo camice bianco ed iniziò a visitare Conigliettore.
Dopo una lunga visita, Dottoressa Volpe sentenziò: “Conigliettore, tu sei affetto da “Tristezza infinita”! Questa malattia ti è venuta come conseguenza della morte del nonno. La causa della malattia è che il tuo cuore si è convinto di aver perso il nonno per sempre, e così si è ricoperto di quella polverina nera che non lo fa più respirare.”
Il babbo, a sentire queste parole, si allarmò tantissimo: “Dottoressa, ma esiste una cura? Cosa possiamo fare?”
E la Dottoressa: “Eccome se esiste una cura: daremo delle medicine al cuoricino di Conigliettore per guarirlo!”
“Quali, quali medicine?”, insisté babbo coniglio, anche lui molto provato.
Vedendo il babbo tanto agitato, la Dottoressa disse: “Facciamo in questo modo, mi occuperò io di Conigliettore, mentre voi vi occupate delle altre cose. State tranquilli, è in buone mani!”
E così fu…
Per prima cosa, Dottoressa Volpe aiutò Conigliettore a sdraiarsi, poi prese un libro di fiabe che trovò tra i suoi giochi ed iniziò a leggere.
Dopo poche righe, Conigliettore sussurrò malinconico: “Questa fiaba me la leggeva sempre il mio nonno…”
La Dottoressa finì di leggere, poi disse: “Ecco qui, abbiamo preso la prima medicina. Ogni volta che il babbo o la mamma ti leggeranno una delle fiabe che ti leggeva sempre il nonno, tu penserai a lui, e lui sarà qui con te, al centro del tuo cuore, ad ascoltare la fiaba. Questo succederà ogni volta che penserai a lui ed alle cose che facevate insieme.”
E così, dal cuore di Conigliettore si staccò un pezzetto di polvere nera, e a Conigliettore venne voglia di alzarsi dal letto.
Una volta in piedi, Dottoressa Volpe lo portò in salotto. Lì, proprio al centro della credenza, c’era una bella foto di Nonno Coniglio che mostrava sorridente una carota gigante coltivata nel suo orto.
La Dottoressa chiese a Conigliettore: “Ehi, guarda quella foto. Ti ricordi di quando il nonno vinse quel premio?”
“Sì, mi ricordo…” rispose Conigliettore con un filo di voce.
“Allora facciamo un gioco”, continuò la dottoressa…
“Adesso prendi un bel foglio di carta e fai un disegno delle belle cose che facevi con il nonno, e poi glielo portiamo!”
“Ma il babbo ha detto che il nonno non c’è più, che è volato via, insomma…”, rispose incredulo Conigliettore.
“No, il nonno non è volato via, e tu lo sai. Il nonno è morto. Quando uno muore non può più passare il tempo con te, non può più venirti a prendere a scuola, o coltivare le carote. Ma ti dimostrerò che non è vero che non esiste più”.
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Fu così che un altro pezzo di polverina nera si staccò dal cuoricino di Conigliettore, che subito si sentì un pochino meglio e cominciò a disegnare.
Quando il disegno fu finito, la dottoressa Volpe disse: “Conigliettore, è ora che ci vestiamo! Dobbiamo andare al funerale del nonno!”
Conigliettore non era mai stato ad un funerale e non aveva idea di cosa fosse. Alla richiesta della dottoressa, mamma e papà coniglio all’inizio si opposero. Ma la dottoressa spiegò loro che quello faceva parte della cura e che si sarebbe occupata lei di Conigliettore durante il funerale.
Il funerale si svolgeva nella prateria al centro del bosco. Sembrava fossero accorsi proprio tutti per salutare il nonno. “Ma dov’è il nonno?”, chiese Conigliettore alla dottoressa Volpe.
“Vedi Conigliettore”, rispose la dottoressa indicando una scatola di legno al centro della prateria, “Il nonno è dentro quella scatola”.
“E cosa fa nella scatola? È così che si muore?”, chiese Conigliettore.
“Non è così che si muore, ma dopo che si muore si va nella scatola per il funerale, così tutti gli amici del nonno, tutti quelli che gli hanno voluto bene possono venire a salutarlo per l’ultima volta”, ribatté la dottoressa.
“Allora è proprio vero che non vedrò più il nonno?”
“Non lo vedrai più giocare con te, venirti a prendere a scuola, non lo sentirai più leggere le fiabe, non andrai più nell’orto con lui. Però potrai continuare a fare tutte quelle cose, e ogni volta che le farai potrai pensare al nonno, che è morto ma che rimane vivo nei tuoi ricordi e nel tuo cuoricino. E allora sarà come averlo accanto a te”, ribadì la dottoressa.
Conigliettore pensò ancora una volta a tutti i momenti belli passati con il nonno e si rese conto che sebbene il nonno fosse nella scatola lui poteva vederlo e sentirlo nel suo cuoricino. Improvvisamente anche l’ultimo pezzo di polverina nera si staccò, e il cuore di Conigliettore tornò a battere forte forte come prima.
“Dottoressa Volpe, penso di essere guarito…”, sussurrò Conigliettore nel sentirlo.
“Non ancora, ma quasi…”, replicò la dottoressa.
Alla fine del funerale, tutti i presenti si misero in fila ed accompagnarono la scatola con dentro il nonno al cimitero. Ci andarono anche la dottoressa e Conigliettore, che aveva ancora in mano il disegno che aveva preparato poco prima.
Arrivati al cimitero, quattro avvoltoi vestiti di nero sollevarono la scatola con dentro il nonno e la misero in una buca che avevano precedentemente scavato nel terreno.
“Cosa succede adesso?”, chiese Conigliettore alla dottoressa.
“Adesso possiamo finalmente dire un ultimo ciao al nonno!”, rispose la dottoressa. E così dicendo prese il piccolo per la mano e lo accompagnò vicino alla buca. Arrivati lì, la dottoressa disse: “Ora se vuoi puoi lasciare il tuo disegno al nonno, mandargli un bacio e salutarlo per l’ultimissima volta”.
Conigliettore fissò la scatola nella buca; il disegno scivolò dalle sue mani ed andò a posarsi sulla scatola di legno e i ricordi diventarono sempre più forti. Improvvisamente un replicas relojes fiume di lacrime sgorgò dai suoi occhietti, portandosi via tutta la polverina nera che si era staccata dal cuore ma che era rimasta dentro di lui.
La dottoressa lasciò che Conigliettore piangesse tutte le lacrime che aveva, poi lo guardò, gli sorrise amorevolmente e gli disse: “Possiamo tornare a casa adesso; sei guarito”.